26.7.15

A.I.V. - Presa a terra

Dopo averne viste e sentite, lette e soprattutto sperimentate tante, sono giunto all'irrevocabile decisione di ritener degno di qualcosa di più d'una sprezzante alzata di spalle solo chi, tra la sempre nutrita genia dei sedicenti maestri, operatori e quant'altro, riesca a dimostrare un minimo di maturità nella propria consapevolezza fisica.

Sia ben chiaro, non è certo mia intenzione pretendere competenze tecniche eccelse, o livelli di propriocezione strabilianti, mi basta poter notare con sufficiente certezza la presenza di una qualche forma di “presa a terra”, che possa dare un valore reale alle sempre (teoricamente) valide chiacchiere messe in circolazione.

Per quanto sia ovvio che non a tutte le persone, per colpa di svariati fattori, come l'età o le ferite che inevitabilmente si è costretti a portarsi dietro, è dato di poter dimostrare facilmente quanto da me richiesto, è come minimo impensabile che chi si riempie la bocca di tanti bei discorsetti sia assolutamente sganciato dal proprio corpo.

E' impensabile dal momento che, com'è noto, il corpo conserva la memoria del dolore patito e manifesta il livello e la qualità dell'energia, anche spirituale, e di conseguenza un'insufficiente consapevolezza di questi meccanismi non può non smascherare brutalmente anche il conferenziere più scaltrito, perché dimostra la sua incapacità di applicare nel concreto le implicazioni di ciò di cui va cianciando.


Come si può aver la faccia tosta di predicare alla gente come fare per “guarire se stessi”, “eliminare la “negatività” o “purificare l'aura” (qualunque cosa venga intesa per “aura”) quando addirittura il proprio modo di camminare è un gesto di rifiuto del mondo, in particolare della Terra?

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